In materia di fotografia contemporanea esiste nella periferia milanese uno dei più importanti musei di fotografia contemporanea al mondo e l'unico in Italia ad occuparsi di questa materia.
Personalmente conosco molto bene questo museo che, in collaborazione con il liceo artistico "U.Boccioni", ha organizzato per anni stage a cui ho avuto opportunità di partecipare scoprendo molte cose di questa fondazione, dal contenitore, al contenuto in materia di fotografia, sulla conservazione e sull'archiviazione del grosso quantitativo di materiale fotografico in possesso del museo.
Il Museo di Fotografia Contemporanea opera dal 2004, anno della sua inaugurazione, nella sede di Villa Ghirlanda, complesso architettonico secentesco con ampio parco all’inglese situato nel centro storico di Cinisello Balsamo, a pochi chilometri da Milano.
Unico museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia, è una struttura attiva nel campo della conservazione, catalogazione, studio e divulgazione della fotografia, con particolare accento sulle trasformazioni tecnologiche in corso e sul rapporto fra la fotografia e le altre discipline espressive.
Il Museo opera in un contesto nazionale e internazionale. Al tempo stesso è fortemente radicato nel territorio metropolitano in cui si trova, ponendosi in continuo dialogo con le comunità che vi abitano.
La Fondazione Museo Fotografia Contemporanea è costituita da Provincia di Milano e Comune
di Cinisello Balsamo, con il contributo di un partner privato, Epson Italia.(www.mufoco.org)
di Cinisello Balsamo, con il contributo di un partner privato, Epson Italia.(www.mufoco.org)
Oltre all'archivio principale del celebre fotografo Federico Patellani, a cui è dedicata una sala della villa che ospita il museo esiste una collezione vastissima di fotografie contemporanee visitabile online, di questo archivio ho scelto una serie di fotografie di tre autori che mi hanno particolarmente emozionato.
BAILEY DAVID ROYSTON
David Bailey (Londra, 2 gennaio 1938) è un fotografo britannico.BAILEY DAVID ROYSTON
Imparò a fotografare da autodidatta, prima di prendere
servizio nella RAF in Malesia nel 1957. Nel 1959 divenne assistente fotografo nello studio di John French prima di essere assunto come fotografo di moda
per la rivista Vogue. Ha lavorato molto anche come freelance.
Insieme a Terence Donovan, ha catturato, ed in molti modi ha
anche aiutato a creare la cosiddetta Swinging
London degli anni sessanta: una cultura basata sull'alta moda e sulla
sciccheria della notorietà. Entrambi i fotografi frequentarono attori,
musicisti e la famiglia reale, e si ritrovarono elevati al rango di celebrità:
furono i primi fotografi ad essere realmente famosi.(wikipedia)
titolo: Nudo in pelle, 1976.
titolo: Piede che calza un sandalo, 1976.
titolo: Grand Eugene, 1973.
ALDO BALLO
ALDO BALLO
Aldo Ballo era nato a Sciacca nel 1928 ed è mancato a Milano, recentemente, a metà dello scorso ottobre.
Iniziò subito il suo apprendistato di fotografo lavorando per i reportage nell’agenzia Roto Foto. L’agenzia era allora condotta dal già famoso Fedele Toscani, che in quegli anni era, secondo i giornali milanesi, un indispensabile referente. Lì conobbe il giovane Oliviero e la sorella Marirosa che diverrà dopo breve tempo la compagna della sua vita e che condividerà con lui, interamente, la loro lunga e bella storia professionale.
Ma Ballo, a differenza della maggior parte dei giovani che allora maturavano in “bottega” i temi della futura professionalità, coltivò questo interesse, anzi, questa passione per la fotografia, affiancando all’esperienza quasi artigianale del “mestiere” imparato, la cultura visiva che gli veniva dagli studi a Brera, alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, e dall’aria che aveva respirato in casa, dove il fratello, Guido, insegnava storia dell’arte all’Accademia.
Questo approccio culturale con l’oggetto fu subito evidente fin dalle prime esperienze dei suoi still-life. Aldo Ballo, infatti, lasciò rapidamente il mondo dei reportage giornalistici e insieme con la moglie Marirosa aprì nel 1953 un proprio studio a Milano in via Calco dove iniziò, in spazi che nel tempo andarono sempre più ingrandendosi, a lavorare “sull’oggetto”. L’oggetto è stato fin dall’inizio la sua grande passione, anche mentre fotografava per i designer e gli architetti più importanti del tempo, case, arredi, interni e architetture.
Questo suo porsi nuovo, rispetto alle consuetudini di quegli anni, di fronte all’oggetto da fotografare, di cui cercava di far emergere l’intima natura, il messaggio compresso nella forma stessa, gli viene riconosciuto subito.
Infatti, al primo Convegno nazionale di fotografia, nel 1959, si discusse dei valori estetici che la critica non poteva più non attribuire a un’immagine, sia pur pubblicitaria, quando tale immagine ne era portatrice. Era la foto di Aldo Ballo, realizzata per la pubblicità di una macchina da scrivere Olivetti.
L’indagine che Ballo approfondiva sulla natura degli oggetti, tale da recuperare attraverso la rappresentazione bidimensionale l’idea che stava alla base della progettazione degli stessi, lo portò ad avere con i progettisti - architetti e designer - un colloquio diretto - magari fatto di pochissime allusive parole - per cui gli stessi cominciarono ad affidargli i loro prodotti da fotografare senza che necessariamente ci fosse l’intermediazione di grafici o art director.
Ne uscirono delle immagini tecnicamente perfette nelle quali il prodotto fotografato, in particolare nelle stampe in bianco e nero, veniva restituito nella sua essenzialità, e in cui gli oggetti che a volte venivano accostati al soggetto fotografato avevano sempre un ruolo di indicazione dimensionale, o di confronto formale fra entità quasi astratte, mai una funzione riempitiva o decorativa. Per tutti gli anni Sessanta e Settanta sfilò, sulle pedane di via Calco, il meglio di quanto era stato progettato e prodotto, dall’oggetto prezioso, all’oggetto d’uso, dal più tecnologicamente e formalmente complesso a quello più apparentemente semplice.
Restano consultabili da tutti i cataloghi di mostre, premi e manifestazioni, come Compasso d’Oro o Smau, dove troviamo, accanto alle immagini di macchine complicate, quelle di oggetti semplici ed essenziali, come una posata od una bottiglia, tutti fotografati con la stessa attenzione, lo steso rigore, possiamo dire con la medesima intelligenza.
I fondi bianchi continui delle pareti e delle piccole pedane erano quasi sempre gli scenari della rappresentazione fotografica degli oggetti. Fondi che divennero proverbiali, e sui quali si cimentarono gli innumerevoli assistenti che nel suo studio impararono il mestiere. Mestiere che Ballo lasciò loro, impagabile eredità a continuare la testimonianza della validità di una “scuola” nata dalla conquista paziente e faticosa di una cultura della rappresentazione dell’oggetto.(www.virtualgallery.it)
titolo: modella bionda con sfondo a proiezione optical, 1969-1972.
titolo: modella bionda con sfondo a proiezione optical, 1969-1972.
titolo: modella bionda con sfondo a proiezione optical, 1969-1972.
titolo: modella con sfondo a proiezione optical, 1969-1972.
titolo: modella con sfondo a proiezione optical, 1969-1972.
GABRIELE BASILICO
Gabriele Basilico nasce a Milano nel 1944. Si laurea in
architettura al Politecnico di Milano nel 1973. Negli stessi anni inizia a
fotografare concentrando il suo interesse sulla città e sul paesaggio urbano.
Nel 1983 realizza la sua prima mostra importante: “Milano, ritratti
di fabbriche” al PAC di Milano.
Riceve il primo incarico internazionale nel 1984:
viene invitato a partecipare alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R., voluta
dal governo francese per documentare la trasformazione del paesaggio nazionale
contemporaneo.
Successivamente è invitato a realizzare lavori di ricerca
fotografica in vari paesi d’Europa: Italia, Francia, Olanda, Germania, Svizzera,
Austria, Spagna, Portogallo.
Nel 1990, per la mostra “Porti di Mare”, riceve a
Parigi il “Prix Mois de la Photo”. Progetta e realizza la mostra e il volume “Bord
de mer”.
Nel 1991 prende parte alla Mission Photographique sulla città di Beirut,
devastata dalla guerra.
Nel 1994 la Fondazione/Galleria Gottardo di Lugano gli
dedica un’ampia retrospettiva su 15 anni di fotografie (1978-93), raccolte nel
libro “L’esperienza dei luoghi”.
Alla VI mostra di Architettura della Biennale di Venezia (1996),
riceve il premio Osella d’oro per la fotografia di architettura contemporanea.
Nel
1999 pubblica il volume “Cityscapes” che illustra in 330 immagini il suo lavoro
dal 1984. Da questo volume nasce la mostra omonima presentata nella primavera
del 2000 allo Stedelijk Museum di Amsterdam e succesivamente a Porto al CPF (Centro
Portugues de Fotografia), a Rovereto al MART (Museo d’Arte Moderna di Trento e Rovereto),
e a Buenos Aires al MAMBA (Museo d’Arte Moderna).
Nell’estate dello stesso anno
svolge un lavoro di ricerca sull’area metropolitana di Berlino su invito del DAAD
(Deutscher Akademischer Austausch Dienst).(www.studiodabbeni.ch)
titolo: Milano 1998, 1998.
titolo: Milano, 1979.
titolo: Sesto San Giovannivia. Via Campestre e via Cottolengo 1993.
titolo: Quartoggiaro, 1970-1973.
titolo: Sesto San Giovanni via Milanese, 1992.
titolo: Sesto San Giovannivia. Via Campestre e via Cottolengo, 1993.
titolo: Terni - Quartiere Matteotti, 1976.