Il caso
più semplice di obiettivo è costituito da un piccolo foro (detto anche foro
stenopeico)
che consente il passaggio della luce a formare un'immagine all'interno di una camera oscura. Rispetto al foro
stenopeico,
gli obiettivi a lenti permettono di concentrare la luce sul piano focale e sono progettati per diminuire le aberrazioni ottiche.
A migliorare
ulteriormente la qualità degli obiettivi contribuisce lo sviluppo dei vetri
ottici utilizzati, in particolare i vetri ad alto e altissimo indice di rifrazione (sino a valori che superano 1,9) e di particolari trattamenti antiriflesso che hanno lo scopo di diminuire la quantità di luce
riflessa dalla lente e di aumentare quella rifratta. In un primo momento vennero
introdotti i trattamenti antiriflesso semplici (single-coated) e in seguito
vennero utilizzati i trattamenti antiriflesso multipli (multi-coated). Guardando
dentro un obiettivo se questo è privo di trattamento si vedranno dei riflessi
bianchi, se ha trattamento singolo dei riflessi blu-ambra, se ha trattamento multiplo
dei riflessi blu-magenta. Tutti gli obiettivi oggi in produzione hanno
trattamento multiplo.
Gli
obiettivi moderni adottano anche lenti cosiddette 'asferiche', la cui curvatura
non è una porzione di sfera. L'utilizzo di lenti asferiche aiuta a contenere
difetti come l'aberrazione sferica.
lughezza
focale
Considerando
gli obiettivi come una semplice lente, la distanza focale di questi è la misura
espressa in millimetri che separa la lente dal piano focale. Essendo gli
obiettivi composti da più gruppi di lenti, tale distanza non si misura da una
lente in particolare all'interno degli stessi ma dal centro ottico dell'obiettivo
che viene definito "punto nodale posteriore" e in genere si trova in
prossimità del diaframma. In sostanza la distanza focale indica la distanza fra
il punto nodale posteriore di un obiettivo e il piano su cui i soggetti all’infinito
sono messi a fuoco.
Non è
vero che al variare della focale corrisponde una diversa prospettiva. Per le
regole di geometria la prospettiva non cambia se il punto di vista e l’oggetto
ripreso rimangono fissi, varia solamente se ci spostiamo dal punto di ripresa.
Il variare della focale è una conseguenza del cambiamento di prospettiva, non
la causa. Se ci spostiamo da un punto di ripresa arretrando, cambiamo la
prospettiva e le dimensioni dell'oggetto che risulterà più piccolo all'interno
del fotogramma, di conseguenza cambieremo anche la focale per ingrandire l'oggetto.
La
lunghezza focale degli obiettivi è quel fattore che determina l’angolo di campo della ripresa ma ciò dipende anche dalle dimensioni del
supporto. Due obiettivi di focale uguale variano l’angolo di campo ripreso in
base alle dimensioni della superficie sensibile al quale sono destinati.
Viene
definito obiettivo “Normale”, un obiettivo che ha come lunghezza focale la
lunghezza approssimativa della diagonale del supporto fotosensibile usato. Per
le fotocamere 35 mm con pellicola da 24x36 mm, l’obiettivo normale è il
50 mm quindi per il formato 35 mm, prendendo come punto di
riferimento la focale 50 mm (normale), gli obiettivi si differenziano fra
grandangolari (focale minore) e teleobiettivi (focale maggiore).
apertura
L'apertura
massima di un obiettivo è uguale alla lunghezza focale diviso il diametro della
pupilla d'ingresso (la lente più esterna) dell'obiettivo, ovvero il rapporto focale massimo possibile per un determinato tipo di obiettivo. Minore
è l'apertura massima, più luminoso sarà l'obiettivo, riuscendo quindi a far
passare più luce ed impressionare la pellicola in minor tempo. Nei telescopi
una pupilla d'ingresso di diametro maggiore permette la visione di oggetti meno
luminosi.
La
quantità di luce che attraversa le lenti è regolata da un dispositivo chiamato diaframma, situato di solito all'interno
dell'obiettivo. La sua dimensione determina la profondità di campo e di conseguenza quella di fuoco,
la forma influisce, anche se lievemente, sulla forma dello sfocato. Il valore
di diaframma indicato sull'obiettivo è la massima apertura ottenibile, altre
aperture sono possibili solo chiudendo il diaframma. Negli obiettivi fissi viene
specificato un solo valore di apertura, ad esempio f/2.8. Sugli obiettivi zoom possono
comparire due valori, il primo per la focale minore, il secondo per quella
maggiore. Ad esempio, per uno zoom 35–135 mm f/3.5-4, il valore f/3.5 è
ottenibile a 35 mm e si riduce a f/4 alla focale di 135 mm.
angolo di
campo
L'immagine
formata dall'obiettivo su una superficie posta in corrispondenza del piano
focale è di forma circolare ed è chiamata circolo di illuminazione, cerchio d'immagine
o cerchio di copertura; al suo interno vi è un altro circolo detto di 'buona definizione', dove l'immagine può essere interpretata correttamente.
All'interno
del circolo di buona definizione viene posto il materiale atto a raccogliere l'immagine.
Questo materiale, generalmente di forma quadrangolare, può essere un vetro smerigliato,
una pellicola o lastra fotografica, nonché un sensore elettronico. Ha una certa dimensione e l'angolo di campo viene misurato
considerando la sua diagonale con la focalizzazione posta all'infinito. È l'angolo
misurato al vertice di un triangolo isoscele posto sull'asse dal piano focale
dell'obiettivo con alla base la dimensione dell'immagine formata sulla
diagonale del materiale sensibile. Varia quindi in funzione del formato del materiale
sensibile e della lunghezza focale, è più ampio quando questa è corta e viceversa.
Da notare che se ci si sposta dall'infinito, distanziando l'obiettivo dal piano
focale, l'angolo di campo diminuisce.
messa a
fuoco
Per poter
visualizzare nitidamente l'immagine si opera sulla messa a fuoco che consiste nel posizionare l'obiettivo a distanza opportuna tra il
piano focale e l'oggetto fotografato. In alcuni obiettivi non vi è nessuna modifica
alla propria lunghezza perché l'operazione è fatta con lo spostamento di uno o
più gruppi ottici interni all'obiettivo stesso. Alcuni obiettivi macro, capaci
di mettere a fuoco a distanze molto ridotte, utilizzano più gruppi interni
indipendenti per garantire la massima definizione anche a distanze ridotte e
sulle parti più esterne del fotogramma. L'operazione è svolta agendo su un'apposita
ghiera posta sul barilotto dell'obiettivo. La messa a fuoco può essere di tipo
manuale o automatico, utilizzando un motore posto all'interno della fotocamera
o dell'obiettivo stesso. I moderni obiettivi motorizzati offrono una modalità
ibrida: quando lavorano in autofocus è sufficiente impugnare la ghiera di messa
a fuoco per passare in modalità manuale, consentendo di imbastire la messa a
fuoco in automatico e di rifinire poi in manuale nel caso fosse necessario, senza
dover attivare il selettore di modalità.
TIPI DI OBBIETTIVI.
A lenti
Sono
formati da più di una lente perché solo così si riescono a correggere, parzialmente,
le aberrazioni
ottiche. Nei
telescopi si usano più lenti per correggere
l'aberrazione cromatica e sono detti acromatici. Le lenti sono costruite con
diversi tipi di vetro caratterizzati dal loro indice di rifrazione e dalla curvatura che può essere sferica o asferica.
La curvatura delle superfici ne caratterizza la lunghezza focale che sarà positiva
nel caso di convergenza e negativa nel caso di divergenza. L'uso di lenti
diverse per tipo e lunghezza focale, positiva o negativa, permette le varie correzioni
e ne definisce la lunghezza focale generale (sempre positiva).
A specchi
Sono
detti catadiottrici e la loro costruzione è simile al telescopio riflettore a schema Cassegrain. Rispetto ai teleobiettivi hanno il vantaggio di un piccolo ingombro e di un basso peso. Oltre
ai due specchi sono costruiti impiegando delle lenti a bassa curvatura per la correzione
delle aberrazioni
sferiche e
come sostegno dello specchio secondario. A causa delle notevoli aberrazioni extra-assiali sono costruiti solo con lunghezze focali da 350 mm
in su. A causa della sua conformazione ottica non è possibile introdurvi il
diaframma. Inoltre la forma dello sfocato è un anello invece di un cerchio, sono
meno luminosi rispetto agli obiettivi a lenti e l'immagine è in genere meno
nitida ai bordi del fotogramma rispetto al centro.
Foro
stenopeico
È un
piccolo foro praticato in una lamina sottile di materiale opaco. Indicativamente
il diametro del foro è di un terzo di millimetro. Conosciuto fin dai tempi più
antichi applicato alla camera
obscura
della quale è notevole la descrizione che ne fece Leonardo da Vinci nel Codice atlantico (camera oscura leonardiana). La luminosità è molto bassa ed è quindi impiegabile
solo con oggetti statici e molto luminosi. È esente da quasi tutte le
aberrazioni degli altri obiettivi e possiede una profondità di campo praticamente illimitata. La nitidezza molto bassa migliora diminuendo il diametro del foro, aumentando però
la diffrazione che provoca degli aloni ai bordi.
Aggiuntivi
ottici
Tubi di
estensione per diminuire la distanza minima di messa a fuoco, utili in
macrofotografia
Sono dei
complementi ottici da montarsi anteriormente o posteriormente agli obiettivi
per cambiarne la lunghezza focale a discapito, però, di altre caratteristiche.
Tubi di
prolunga
Sono dei
cilindri senza lenti da montare tra la fotocamera e l'obiettivo consentendo un
accorciamento della minima distanza di messa a fuoco. Utili in macrofotografia, sono disponibili in diverse altezze, l'unico difetto è
il comportare una perdita di luminosità proporzionale alla dimensione del tubo.
Lenti
addizionali
Vengono
montate anteriormente all'ottica per fare in modo che la focalizzazione dell'oggetto
avvenga a distanza ravvicinata ed avere un rapporto di riproduzione almeno di
uno a uno. Sono dei sistemi ottici convergenti possibilmente acromatici. Diminuiscono la lunghezza focale dell'obiettivo su cui sono montati.
La distanza col piano di messa a fuoco rimane invariata per cui non è più
possibile la focalizzazione all'infinito ma solo a distanze molto ravvicinate.
Un
aggiuntivo Fisheye con fattore di moltiplicazione 0.42x
La
luminosità dell'obiettivo originale non cambia in maniera percettibile. Si
misurano in diottrie ed esistono modelli da +1, +2, +3 con potere di ingrandimento
crescente.
Moltiplicatori
di focale
Sono dei
sistemi ottici divergenti montati posteriormente all'obiettivo e servono ad
allungare la lunghezza focale. La distanza di messa a fuoco non cambia, ma
diminuisce la luminosità originale in funzione del fattore di moltiplicazione.
L'ingrandimento è comunemente di 1,4 o 2, da moltiplicare per la lunghezza
focale dell'obiettivo. Vengono comunemente utilizzati per la fotografia naturalistica o per il reportage.
Obiettivo
normale
È considerato
normale l'obiettivo che ha l'angolo di campo simile a quello dell'occhio umano,
con un angolo di campo compreso tra 43° e 45°. Estendendo la gamma anche ai
grandangolari e teleobiettivi moderati, si possono considerare gli angoli tra 20°
e 59°. Per convenzione si considerano normali gli obiettivi con lunghezza
focale vicina alla diagonale del fotogramma. Per il formato fotografico Leica, il
più comune, detto 35mm o 135, che ha il fotogramma di 24x36 mm,
è considerato normale l'obiettivo da 50 mm di lunghezza focale anche se
quello che si avvicina di più sarebbe il 43 mm. Nel formato 120 conosciuto
come 6x6 il normale ha lunghezza focale di 80 mm invece di 85 mm
calcolati.
Obiettivi
normali per i diversi formati fotografici
Formato
|
Focale (mm)
|
4/3
|
23
|
APS-C
|
35
|
24x36
|
50
|
6x4,5
|
75
|
6x6
|
80
|
6x9
|
110
|
10x12
|
150
|
13x18
|
210
|
20x25
|
300
|
Naturalmente
nelle fotocamere
digitali
dove l'elemento sensibile è generalmente più piccolo del 24x36 l'obiettivo
normale è più corto di 50 mm. Questa tipologia viene anche chiamata standard,
perché era l'obiettivo comunemente fornito a corredo delle nuove fotocamere. Non
sono soggetti ad aberrazioni come i grandangolari e i tele, inoltre gli schemi
ottici estensivamente collaudati e perfezionati li hanno resi economici e di
buona qualità. La luminosità è sempre molto elevata, sono nella norma valori di
f/1.8 e f/1.4.
Grandangolo
Immagine
prodotta da un obiettivo fish-eye
Gli
obiettivi con angolo di campo maggiore ovvero lunghezza focale minore del normale,
sono detti grandangoli. L'angolo di campo passa da 60° a 80° per un
grandangolare, per portarsi anche a 180° negli ultragrandangolari e fish-eye. Questi
ultimi sono così chiamati perché a causa dell'angolo di campo estremamente
esteso l'immagine risulta tonda, come se fosse catturata attraverso un occhio
di pesce. Per il 24x36 mm il più classico è il 24 mm, ma sono comuni
anche il 35 mm e il 28mm. I grandangolari spinti producono un'immagine
molto deformata dovuta alla proiezione equidistante dei fasci luminosi sulla pellicola, fino ad arrivare alla
formazione di un'immagine circolare. Il loro angolo di campo raggiunge i 180° e
i 220° nel Nikkor 6 mm 2,8. È possibile correggere la distorsione usando
la proiezione rettilineare fino alla lunghezza focale di 12 mm. Quando la
lunghezza focale diminuisce il corpo dell'obiettivo verrebbe a trovarsi troppo
vicino al piano focale con impedimento del funzionamento di alcuni organi
meccanici interni alla fotocamera. Per ovviare a questo inconveniente è stato
adottato lo schema ottico a retrofocus o a teleobiettivo invertito. Consiste in
un gruppo ottico anteriore divergente e in un gruppo posteriore convergente, è
possibile che vi siano ulteriori gruppi centrali.
I grandangolari
restituiscono una prospettiva accentuata e sono soggetti alle distorsioni a barilotto,
dove le linee cadenti ai bordi curvano vistosamente. Questo effetto tipico dei
grandangolari permette una esaltazione del soggetto in primo piano, realizzando
così interessanti effetti creativi.
Teleobiettivo
o lungo fuoco
FONTI: testo(wikipedia) immagini (google immagini)